ilariapuglia

mai più dietro un pilastro

Io odio chi non vuole confrontarsi perché non regge

Io odio chi non regge il confronto, anzi, chi proprio non lo vuole e ti massacra sul piano personale dimenticando il piano concettuale da cui, forse, voleva partire. Tipo chi legge un tuo articolo e dice: “Non sono d’accordo”. Ma non è che ti spiega perché non è d’accordo, no. Ti dice che sei una “stronza”, che tua madre fa il mestiere più antico del mondo, che sei una frustrata, avvelenata con la vita, che sei una povera femmina, che non fai sesso e che, soprattutto, non puoi parlare, non ne hai il diritto, non c’eri. Allora tu ti armi di santa pazienza, fai un respiro grande quanto il bosco di Capodimonte e gli dici: “Ok, parliamone, perché non sei d’accordo?”. E quello resta spiazzato, perché pensa che sei matta, dopo che ti ha chiamato stronza, a voler parlare con lui. E ti fa un piccolo accenno contenutistico con toni acidi e violenti. Tu, sempre armata di santa pazienza e respirando come sotto aerosol, rispondi a quel punto contenutistico, con calma, dolcezza, smontandoglielo pezzo pezzo. E quello che fa? Mica apprezza, si siede e ti offre un caffè virtuale per fare una chiacchiera, no. Al tuo soffermarti risponde che lo annoi (ahahhahahah!), che se te la sei presa faresti bene a cambiare mestiere. Ma come, me la sono presa? Mi hai chiamata stronza e sto qui a parlare con te! “Sì, ma perché fingi, è evidente, il tuo essere donna non potrebbe mai farti ammettere che te la sei presa – sic e sigh – perciò per piacere piantiamola, che non c’ho tempo di parlare con te”.
Oppure, quello si siede, anche se a malincuore, non si prende il caffè ma dialoga. Ha solo capito male, te ne sei resa conto subito: lui parla di una cosa, di un panorama, tu ne intendevi un’altra. Eri stata chiara, tu, nel tuo pezzo, chiarissima, ma poiché gran parte dei lettori caricano sempre le parole di ciò che vorrebbero o non vorrebbero leggere, capita che neppure leggano l’articolo ma si fermino al titolo. Allora si parla, parla, parla, a lungo si parla. Quello capisce che stavate parlando di due cose diverse, lo capisce. Ma non può dirti che l’ha capito, che aveva sbagliato, che aveva capito male e si era fermato a un livello superficiale. No, sarebbe come dire “ho il pisello corto”, ne andrebbe della sua autostima (a te non può fregare di meno, tu vuoi solo parlare). E allora pure lui ti dice che proprio non vuoi capire. Ma come non voglio capire? Sto qua, comoda comoda a parlare e a spiegarti, perché mi dici che non voglio capire? “Perché tanto voi giornalisti sempre così, dai, vabbè me ne torno a lavorare”. Salvo che poi lo vedi che commenta a pazzo anche la lista della spesa dell’amico virtuale. Ma a te no, pur di non dartela vinta ti chiude la bacheca in faccia e ti dice: “Ciao buona giornata”. E vabbè, buona giornata pur’a te.
Oppure, quello manco ti risponde. Ti chiude direttamente la bacheca. Ti blocca, cancella dagli amici, segnala a Facebook, Twitter, persino a Google e alla salumiera di fronte, pure se abita a Canicattì. Kaput. Sei morta. Hai osato scrivere una cosa che lui proprio non tollera: se stavamo in America comprava un kalashnikov e te lo puntava dritto sui denti.
Perché in fondo la gente è un po’ fatta così. Non si confronta perché costa fatica, sudore, tempo, energia. E la gente non ne ha di queste cose, soprattutto l’energia. Vorrebbe commentare per sopraffarti. Perché è abituata a trovare chi non risponde affatto o chi manda direttamente a fanculo. Tu, invece, che vorresti pure mandarlo a fanculo, ma dopo un ragionamento di almeno tre ore perché di energia ne hai fin troppa, sei un ingranaggio malato, distorto, deviato. Insomma, tu, ma aro’ si’ asciuta tu? Torna da dove sei venuta, va’, che non ti voglio manco vedere in cartolina. “Mi annoi”. E lo capisco, bello, ma io con te, invece, mi sbellico!

(da http://www.paralleloquarantuno.it)

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