ilariapuglia

mai più dietro un pilastro

Caro Walter, vai pure, non ci serve chi ha paura di vincere

No, non è un illuminista, come lo definiscono i firmatari del “Manifesto per Mazzarri”, oggi sul CorMez. Non è un illuminista nel senso originario del termine, indicato da Kant nel 1784, quando designava in tal modo i seguaci dell’Illuminismo scrivendo: “Illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso. imagesMinorità è l’incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a se stesso è questa minorità, se la causa di essa non dipende da difetto d’intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di far uso del proprio intelletto senza essere guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! È questo il motto dell’Illuminismo”. No, Kant, Mazzarri illuminista non è.
Non lo è perché è minoritario. Rispetto a un Presidente da cui non riesce a svincolarsi, prima di tutto, su cui non riesce a prevalere: un presidente che non gli ha messo a disposizione una squadra decente, in grado di vincere uno scudetto, un campionato, una Champions o di arrivare almeno a un passo dalla vittoria nell’Europa che conta. Non lo è perché, nonostante abbia fatto miracoli con la squadra che gli è stata messa a disposizione, sottolinea poi la sua minorità – portando a casa anche una colossale caduta di stile – se è vero ciò che scrive Il Mattino di oggi, e cioè che avrebbe confidato a qualche amico: “Venisse qualcun altro a fare quello che ho fatto io con questa squadra”. Perché è vero che ha cavato sangue dalle rape, ma sottolinearlo è sempre un fallaccio da mancanza di savoir-faire, certo non illuminista, anzi. È minoritario rispetto a se stesso, infine. Perché non ha il coraggio di parlare, ma rimanda sempre a dopo la partita con la Roma, quando sa già lui, come lo sappiamo noi, che non parlerà. E allora sarà minoritario anche verso l’intera tifoseria, che è stufa marcia di due annate consecutive di bailamme sul futuro del suo allenatore. Un po’ di chiarezza e di rispetto, no?
Come fanno gli intellettuali firmatari del Manifesto a non capirlo? Come fanno a volere a tutti i costi un allenatore che non ha il coraggio di vincere? Perché, diciamocelo, è questo ciò di cui si tratta. Mazzarri, se resta, è condannato a vincere.
Ora, io amo Mazzarri, l’ho sempre amato (nonostante non abbia mai mancato di sottolineare i suoi errori comunicativi, la sua presunzione e i suoi capricci), gli sarò grata per sempre di averci portato per due volte in Champions, di aver creato un gruppo solido, compatto, unito e orgoglioso. Ma da qui a desiderare di tenerlo con me a vita ci passa un oceano di Illuminismo, appunto. Mazzarri sa che con una squadra così e con la scarsa propensione a spendere del Presidente (la cui giustezza o meno non contesto, dato il bilancio del Napoli rispetto a quello delle altre squadre) è un miracolo. Sa che l’anno prossimo sarà durissima. Sa che, se la squadra non si rinforza (ma davvero, non spacciando Insigne per un vice Cavani) non vincerà uno scudetto, né passerà il girone della Champions. Sa tutto, Walter, per questo ci pensa su tanto a lungo. Ma soprattutto sa, Mazzarri, che nella sua vita non ha vinto nulla. Che miracoli ne ha fatti, certo, ma di vittorie importanti non ne ha portata a casa una (non mi dite che la Coppa Italia è un risultato da Oscar). Non pensa alla Roma o a Timbuctù perché è in cerca di nuove sfide ma perché proprio non riesce a immaginare di vincere. Le sfide, a Mazzarri, fanno paura, danno l’orticaria, quasi, troppo stress, troppa tensione, non fanno per lui. Ed ha talmente paura di vincere che non s preoccupa nemmeno del fatto che andare a Roma lo ridurrebbe a pezzi in dieci minuti di permanenza, che Marione ne farebbe carne da porco, che la tifoseria spaccata in due “s’o magnerebbe”, per dirlo alla romana.
Non è spinto dal sacro cuore della vittoria, Mazzarri, lui va per piccoli obiettivi, una partita per volta, l’ha sempre detto, poi Dio ci pensa e San Gennaro ci mette la manella. Un illuminista serio punta al massimo per poi, male che vada, ottenere il minimo. Così pensa Conte, l’odiosissimo, odiatissimo, il peggio dell’umanità calcistica italiana, forse, ma un vincitore, lui sì, e per due volte di seguito. Così pensa Mou, nonostante le enormi batoste che prende sul campo. Perché devi essere anche un po’ presuntuoso, arrogante, sognatore e volitivo, per vincere, devi essere consapevole che sei il migliore, convincertene prima di tutto tu, non guardare in faccia a niente e a nessuno, mettercela tutta. Mazzarri non è così, non c’è niente da fare, facciamocene una ragione. Io un allenatore timoroso non lo voglio. Voglio vincere e con uno che non ci crede non si vince mai niente, si è perdenti in partenza, non si regge al patema, non si arriva sotto porta con il guizzo felino che ti permette di portare a casa i tre punti, sempre. Preferisco mille volte Mou: uno che sarà pure insopportabile per tanti, ma che dell’umanità intera se ne fotte. Figuriamoci di una tifoseria schizofrenica come la nostra…

(da http://www.paralleloquarantuno.it)

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