ilariapuglia

mai più dietro un pilastro

Iodio. Facebook, lo senti questo Yeah?

Io odio un certo modo di usare Facebook.  Odio quelli che quelli che se muore il portinaio con cui hanno condiviso un’esistenza se ne fregano, anche se magari non riceveranno posta a casa per una settimana. Ma se muore un personaggio famoso giù a piangere come fosse uno di famiglia. Cazzo: della Melato avete visto solo “Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare di agosto” però adesso è vostra sorella? Non sarà certo un social network a farci diventare tutti fratelli davanti all’ultimo respiro. Quando muoio io, sappiatelo: non vi conosco.
Io odio quelli che usano i messaggi come chat. Cioè, se ho la chat sempre chiusa ci sarà un motivo, no? Tipo che non ho tempo per parlare. O non mi va. E allora perché mi scrivi solo “ciao”? L’altro giorno a uno gli ho detto: “scusa, ma sto lavorando, se hai bisogno di dirmi qualcosa scrivimi, che dopo leggo e ti rispondo” e quello ha detto “va bene, sei carina”, salvo poi tornare la sera e ripetere “Ci sei? Ciao”. E allora dillo, che ti saluto io: ciao. Per sempre, però.
Io odio quelli che non ti conoscono, non ti hanno neanche tra gli amici e però ti scrivono annunciandoti che cercano persone con cui fare amicizia e che se sei interessata puoi chiedergliela tu. Esci, vai a rubare, tocca le femmine, Robertì. Vai fuori da qui.
Io odio quelli che non ti hanno mai parlato e all’improvviso ti scrivono. E ti scrivono roba da fucilazione armata. Tipo la settimana scorsa mi ha scritto uno dicendo che ho la faccia da principessa Sioux quando fa la danza della guerra sulla pancia del guerriero. Bello mio, ti devi far ricoverare se mi vedi come una principessa Sioux. Facciamo che ti infilzo con una freccia, ti blocco, e poi te ne vai a fangùl.
Io odio quelli che poiché scrivi di calcio pensano che la tua vita ruota attorno al Napoli. Tipo se scrivi che la giornata è brutta e capita che il Napoli il giorno prima ha perso, pensano che sei triste per la sconfitta. Ma magari hai solo mal di testa e del Napoli che ha perso te ne sbatti. Eh.
Io odio quelli che non conosci, ti chiedono l’amicizia e poi non ti scrivono nulla. Mai. Ma proprio mai.
Io odio quelli che hai tra gli amici da anni, non ti hanno mai scritto niente e tu pensi che Fb non lo usano, poi li incontri per strada e scopri che sanno anche quante volte hai fatto pipì. Stai dietro alla finestra, eh!?
Io odio quelli che usano Facebook come un orinatoio pubblico. Arrivano, si calano i pantaloni, scoreggiano, fanno pipì e magari pure cacca, poi si alzano le braghe, si appuntano la cintura e se ne vanno. E intanto hanno vomitato insulti come se fossero nel gabinetto di casa.
Io odio quelli dal link facile. Quelli che mettono frasi tipo: “non sei tu che sei fatta male, sono gli altri che non ti capiscono”. Oppure: “le avversità della vita mi hanno ferito, ma non riusciranno a fare di me un’altra persona”. Sono frasi orribili, pugni allo stomaco a duemila anni di filosofia e a mille di psicanalisi. Sono sputazzate in faccia alla libertà di pensiero perché non è libertà esaltarsi su Fb con le proprie auto convinzioni come se ti stessi masturbando in pubblica piazza. Ma perché devo vederti mentre ti consoli con il tuo pisello? Devo sapere che sei forte e che non temi le avversità? Ma vai a lavorare, piuttosto. Ora, subito. E prendi gli schiaffi. Che ti fa bene.
Io odio quelli che mettono angeli, candele, cuoricini, babbi Natale a Natale e ovetti di Pasqua a Pasqua, e le pecorelle, e fiori, tanti fiori, e note musicali sul pentagramma, e una quantità infinita di animali che dovrebbero ispirare dolcezza e tenerezza. Orsetti di peluche, cani di terracotta, gattini soffici e vellutati, criceti dall’occhio furbo e languido. Ma perché devo vedermi passare davanti tutta questa finta dolcezza in filigrana, questa musica celestiale che per le mie orecchie è un incubo, queste smancerie della domenica appaltate come inno a un “volemose bene” globale? Non sono globale e non “volemose bene”. Né ora né mai.
Io odio quelli che la rivoluzione la fanno dietro a un pc. Quelli che si indignano, che fanno le battaglie e però, poi, non sono mai stati a una manifestazione. Che la loro indignazione si ferma, al massimo, a firmare una petizione. Sempre che non siano troppo pigri da aprire il link che ce li rimanda. Ma che se chiedi loro di venire a far numero in piazza ti rispondono che la casa, i bambini, il cane da portare a fare pipì. Muori, va’.
Io odio quelli di Instangram. Che si fanno le foto con i colori belli e le cornicette. Il primo piano con i fiori accanto. Poi vai a vedere le foto normali e sono dei mostri. Non vivete su Fb, belli miei, che si fa quando vi incontreranno dal vivo? Eh?
Io odio quelli che ti iscrivono ai gruppi a tua insaputa. E allora succede che ti svegli una mattina e scopri di essere iscritta a “Polizia vuol dire democrazia” o a “La Tatangelo ha acquistato punti con le tette finte” o a improbabili gruppi che fanno capo a improbabili movimenti politici da delirio di onnipotenza. Ma andate a cagare, prima, e a lavorare poi! E, soprattutto, quando volete aggiungere qualcuno a qualche gruppo non aggiungete me!
Io odio quelli che su Fb mettono foto orribili di bimbi o cani maltrattati e chiedono a tutti la “cortesia” di cliccare il “like” o di pubblicare foto/messaggio sul proprio profilo per un’ora per sensibilizzare l’opinione pubblica e salvare l’infanzia. Ma chi salvi, tu? Ma che minchiata è?
Io odio quelli dei siti che ti piazzano là una foto e scrivono: “Scommettiamo che questa foto raggiunge i 100mila like in cinque minuti?” e quasi senti lo Yeah di sottofondo. Ecco: sparati, sui coglioni. Oh Yeah.

(da http://www.parallelo41.net)

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